giovedì 30 maggio 2013

GIOVANNI FALCONE: UN EROE ITALIANO

Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola. (Giovanni Falcone)

Sono passati ventuno anni da quando il 23 maggio 1992 alle 17.58 Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e agli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifano vennero fatti saltare in aria con quasi mille chili di tritolo sull’autostrada che conduce dall’aeroporto di Punta Raisi (oggi Falcone e Borsellino) a Palermo. Ad attenderli sulla pista dell’aeroporto c’erano, come ogni sabato pomeriggio, tre auto. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. Era la sua scorta.
Un episodio che ha lasciato un segno nelle coscienze civili non solo italiane e che ha determinato, insieme, al successivo attentato di via D’Amelio all’amico Paolo Borsellino, un cambiamento di atteggiamento dello Stato nella lotta contro la mafia. Misure dure, leggi che giacevano da tempo in Parlamento sono state in seguito rapidamente approvate. Il carcere duro per i mafiosi è diventato uno strumento di lotta alla criminalità particolarmente efficace. Maria Falcone, sorella del magistrato, da tanti anni è impegnata con la Fondazione Falcone (www.fondazionefalcone.it).

Nato a Palermo il 20 Maggio 1939, Giovanni Falcone è figlio di Arturo Falcone e Luisa Bentivegna. La famiglia è composta da cinque persone: Giovanni ha due sorelle più grandi. Dopo le scuole superiori, Giovanni si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, conseguendo la laurea nel 1961. Nel 1964 Falcone entra in magistratura, e ricopre per circa dodici anni il ruolo di sostituto procuratore presso il Tribunale di Trapani. Questa esperienza avvicina il giudice siciliano alle tematiche del diritto penale, cui d’ora in avanti si appassiona. Trasferitosi al Tribunale di Palermo nel 1978, Giovanni Falcone viene assegnato all’Ufficio istruzione, sotto la guida di Rocco Chinnici. Qui si distingue per le sue notevoli capacità, lavorando fianco a fianco con il collega e amico Paolo Borsellino.
Nel 1980 Chinnici affida a Falcone alcune indagini abbastanza delicate riguardanti Rosario Spatola ed altre associazioni criminali, dislocate anche negli Stati Uniti. Giovanni Falcone, con grande professionalità e bravura, approfondisce il caso a lui assegnato analizzando anche la situazione bancaria e patrimoniale di tali organizzazioni, riuscendo a fornire un quadro conoscitivo e dettagliato del fenomeno “mafia”. Nel mese di Dicembre del 1980 il giudice Falcone raggiunge New York per portare a termine le indagini su Cosa Nostra, con l’aiuto dell’investigatore Victor Rocco. Intanto in Sicilia scoppia una vera e propria guerra tra clan mafiosi, e si contano numerose vittime, tra cui il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Pio La Torre e Rocco Chinnici.
Il successore di Chinnici è Antonio Caponnetto, che istituisce un “pool” di magistrati che si occupa esclusivamente dei processi mafiosi. Caponnetto sceglie Giovanni Falcone e Paolo Borsellino come esponenti di spicco per il gruppo di magistrati. Con l’arresto di Tommaso Buscetta “Cosa Nostra” subisce un notevole scossone. Buscetta decide di collaborare con la giustizia nel processo che comincia a Luglio del 1984. Questo episodio si rivela determinante per la comprensione di alcune dinamiche interne alla compagine mafiosa. Ma la mafia non se ne sta certo ferma a guardare: si comincia a temere per la vita dei magistrati impegnati nel “pool”, soprattutto dopo la morte di Montana e Cassarà, nell’estate del 1985. Per motivi di sicurezza i giudici Falcone e Borsellino vengono trasferiti per qualche tempo presso il carcere dell’Asinara, con le loro rispettive famiglie. A Novembre del 1987 termina il Maxiprocesso: per il pool anti-mafia è un memorabile risultato. A questo punto il Pool aumenta di  tre unità: i giudici istruttori Giacomo Conte, Gioacchino Natoli e Ignazio De Francisci. Dopo l’uscita di Caponnetto per ragioni di anzianità, il Consiglio Superiore della Magistratura provvede alla nomina di Antonino Meli.
Da questo momento in poi il lavoro del Pool antimafia subisce una battuta d’arresto, e cominciano i problemi che porteranno qualche tempo dopo al suo scioglimento. Il gruppo viene sciolto ufficialmente il 30 Luglio 1988.
Nel mese di Giugno 1989 il giudice Falcone scampa miracolosamente ad un attentato organizzato dal boss Totò Riina ed altri mafiosi, mentre si trova nella sua villetta al mare. Dopo poco tempo dal fallito attentato Falcone viene nominato procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica. A partire dagli anni Novanta Giovanni Falcone cerca di portare avanti con maggiore forza la battaglia contro il crimine, ma gli manca l’appoggio del mondo politico, e questo alimenta un clima di sfiducia e sospetto nei suoi confronti. La strategia mafiosa intanto si inasprisce di fronte all’operato del giudice, che intanto scopre e rende noto il profondo legame tra politica, mafia e imprenditoria.

Con il passare del tempo Giovanni Falcone si sente sempre più messo da parte dalle istituzioni. Il giorno prima della sua morte viene eletto Superprocuratore. Falcone perde la vita nella strage di Capaci il 23 Maggio 1992, un’intera vita dedicata alla ricerca della legalità.

Staff Progetto Art. 9

domenica 26 maggio 2013

FEMMINICIDIO

Il termine femminicidio (composto dal s. f. femmina con l'aggiunta del confisso -cidio) è un neologismo ed indica la distruzione fisica, psicologica, economica e istituzionale della donna in quanto tale. Esso è considerato quasi sinonimo di “omicidio passionale”, ma sempre più spesso si focalizza l'attenzione sui maltrattamenti e le denunce che hanno preceduto il delitto, escludendo il raptus.
È stato coniato ufficialmente per la prima volta nel 2009, quando il Messico fu condannato dalla Corte interamericana dei diritti umani a causa delle tantissime donne uccise o scomparse nel nulla dal 1993, nella totale indifferenza delle autorità di Ciudad Juarez e spesso vittime degli stessi uomini delle forze dell'ordine. I cadaveri straziati venivano buttati nella spazzatura o sciolti nell'acido.
In molti Paesi, in nome dell'onore, mogli, figlie e sorelle vengono uccise o costrette a matrimoni forzati, o non possono lavorare, andare a scuola, viaggiare da sole, guidare, essere assistite da un medico durante il parto. Questi divieti si sono tradotti in un femminicidio prolungato.

Le cifre in Italia
Il femminicidio è la prima causa di morte violenta per le donne tra i 16 e i 44 anni. In Italia, dal 2005 ad oggi si contano più di 900 vittime. Nel 2011 le donne assassinate sono state 137; nel 2012, 124 donne sono state uccise e 47 ferite a causa della violenza di genere (botte, calci, occhi neri, braccia spezzate, violenze sessuali) da parte di mariti, partner, parenti, ex, figli (addirittura!). Il 60% dei delitti è avvenuto nel contesto di una relazione intima in corso o appena conclusa tra la vittima e l'autore del reato; il 25% delle vittime aveva appena concluso il rapporto o stava per farlo; la maggior parte (63%) è stata uccisa in casa; il 73% degli assassini è italiano; 4 donne su 10 hanno subito abusi prima di essere assassinate; solo il 6% delle donne italiane denuncia la violenza subita, che è, quindi, una piaga silenziosa e nascosta.

Qualcosa si muove...
In Italia non esiste alcuna legge che difende le donne in quanto donne, perché non esiste alcuna cultura della diversità, ma soprattutto perché la nostra è una società ancora patriarcale e uomocentrica. Nessun partito, infatti, ha affrontato la legge contro il femminicidio in campagna elettorale. Potrebbe servire che l'Italia ratifichi la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.

Non mancano, tuttavia, iniziative di movimenti femministi, come Se non ora quando, o di fondazioni come Doppia difesa, di Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno, la cui prima finalità è quella di aiutare le vittime a uscire dal silenzio. L'invito è: “La violenza non è un fatto privato: apri quella porta”. La Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha parlato dell'utilizzo del corpo femminile nella pubblicità ed ha sostenuto che gli insulti sessisti sul web non sono meno gravi di quelli “reali”. Ha detto che tutto questo è un tema politico e che sarebbe utile un'aggravante per i casi di femminicidio o un'effettiva applicazione delle norme già esistenti. 

Prof.ssa Maria Rosa Lombardi

mercoledì 22 maggio 2013

23 MAGGIO 2013: SALPANO LE NAVI DELLA LEGALITÀ



Oltre 800 scuole, 20 mila studenti e 13 Paesi europei con le loro delegazioni di giovani tornano a Palermo e nell’aula bunker del maxi-processo per commemorare il XXI anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio. 
E’ dal 2002, in occasione del decennale della strage di Capaci, che la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, si rivolge alle scuole di tutta Italia per realizzare insieme iniziative di educazione alla legalità. 
L’intera manifestazione può essere seguita sul portale dedicato al seguente link:http://archivio.pubblica.istruzione.it/nave_legalita/index.html.
Il portale è una nave virtuale che accompagna tutti gli studenti nel viaggio della legalità: si condivide una testimonianza, si viaggia insieme nel segno dell’impegno civile e dell’unità degli ideali.
Gli studenti potranno inserire video e immagini in un’ apposita galleria, inviandoli all’indirizzo:nave.legalita@istruzione.it e potranno lasciare direttamente, tramite una applicazione specifica, brevi messaggi di riflessione e sms nella bacheca dedicata a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Mercoledì 22 maggio 2013 - Il Viaggio della Legalità

Il 22 maggio, dai porti di Napoli e di Civitavecchia, partono le due “Navi della Legalità”, simbolicamente ribattezzate “Giovanni” e “Paolo”, messe a disposizione dalla Snav, su ciascuna delle quali salgono circa 1.300 studenti. Durante il viaggio i ragazzi e i docenti hanno la possibilità di confrontarsi con importanti figure delle istituzioni e delle associazioni che si occupano di legalità. 
Sulla nave che salpa da Civitavecchia sono presenti tra gli altri, il Presidente del Senato Piero Grasso, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza, il Presidente Rai Anna Maria Tarantola, il Direttore Generale della Rai Luigi Gubitosi, il prof. Nando Dalla Chiesa, associato di Sociologia della criminalità organizzata presso l’Università degli Studi di Milano. 
Sulla nave che salpa da Napoli sono presenti tra gli altri, il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, il Presidente di Libera don Luigi Ciotti, il Commissario Straordinario Antiracket Giancarlo Trevisone, l’Imprenditore e testimone di giustizia Pino Masciari.


Giovedì 23 maggio 2013 - La giornata a Palermo
 L’arrivo al Porto di Palermo e L’Aula Bunker del Maxi-Processo

La mattina del 23 maggio centinaia di studenti delle scuole di Palermo e di tutta la Sicilia attendono al porto l’arrivo delle navi. Dopo la cerimonia di benvenuto, a cui prende parte Maria Falcone insieme ai rappresentanti delle istituzioni, gli studenti si dividono per raggiungere i luoghi simbolo della città. Una parte raggiunge l’Aula Bunker del carcere Ucciardone per assistere, dalle ore 9.30, al momento istituzionale e commemorativo della manifestazione.

Durante la cerimonia in Aula Bunker intervengono: il Presidente del Senato, Piero Grasso; il Ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza; il Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri; il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Nunzia De Girolamo; il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Rodolfo Sabelli; il Presidente del Tribunale di Palermo, Leonardo Guarnotta; il Presidente della Rai, Anna Maria Tarantola; il professor Nando Dalla Chiesa, associato di Sociologia della Criminalità organizzata presso l’Università degli Studi di Milano e lo scrittore e giornalista,Roberto Saviano. A coordinare la cerimonia, il conduttore televisivo, Fabio Fazio. 

Nel cortile antistante l’Aula Bunker è allestito per gli studenti delle scuole primarie un “Villaggio della Legalità”con stand e laboratori realizzati dalle Forze dell’Ordine, dalle Associazioni del territorio e dagli Scout.

Le Piazze di Palermo e della Provincia

Le altre delegazioni di studenti si recano nelle piazze simbolo della città di Palermo (Piazza Magione, Parco Ninni Cassarà) e a Corleone. I ragazzi partecipano alle iniziative organizzate dal MIUR, dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone e dalle scuole di Palermo. Sono i cosiddetti “Villaggi della Legalità” allestiti ad hoc non solo dalle scuole ma anche dalle associazioni antimafia e dalle Forze dell’Ordine, dalla Protezione Civile e da molti altri organismi che operano a vario titolo per il bene comune e in nome della legalità. 
Nelle piazze è prevista la partecipazione di circa 15 mila studenti di ogni ordine e grado che nel corso della mattinata partecipano ai laboratori creativi e ai dibattiti

LE CELLULE STAMINALI



Le cellule staminali sono cellule il cui destino non è ancora "deciso". Possono originare vari tipi di cellule diverse, attraverso un processo denominato "differenziamento".Nelle fasi iniziali dello sviluppo umano, le cellule staminali, situate nell'embrione, sono diverse da tutti i tipi di cellule esistenti nell'organismo, ovvero da quelle cerebrali, ossee, cardiache, muscolari, ecc. La possibilità di controllare lo spettacolare potere di queste cellule staminali embrionali, allo scopo di curare vari tipi di malattie, entusiasma gli studiosi. Per esempio, il morbo di Parkinson e l'Alzheimer sono il risultato di lesioni in gruppi determinati di cellule cerebrali. Con la realizzazione di un trapianto di cellule staminali gli scienziati sperano di sostituire la parte di tessuto cerebrale danneggiata.In un futuro prossimo, la ricerca sulle cellule staminali potrà rivoluzionare il modo di curare tante altre "malattie mortali" come l'ictus, il diabete, le malattie cardiache e, addirittura, le paralisi.
Gli atteggiamenti verso l'uso di cellule staminali ai fini della ricerca o di cure mediche variano da un paese all'altro. In Germania, per esempio, l'estrazione di cellule staminali da un embrione umano è considerata illegale.In Gran Bretagna, invece, è perfettamente legale, ma le leggi in materia sono rigorose: gli scienziati britannici possono utilizzare embrioni umani a fini di ricerca fino a quattordici giorni dopo la fecondazione dell'ovulo. In questo momento, l'embrione è un insieme di cellule, grande più o meno come un quarto della testa di uno spillo (0,2 mm).
In Italia lo studio delle cellule staminali è finanziato dal Governo che fornisce i finanziamenti solo ai ricercatori che rispettano le leggi. Per finanziare questo studio è stato firmato un documento che impegna lo Stato italiano a stanziare i fondi per le ricerche che non implicano la distruzione di embrioni, valorizzando la ricerca sulle cellule staminali adulte, comprese le cordonali. Nel nostro paese, quindi, non è possibile prelevare le cellule staminali embrionali, poiché comporterebbe la distruzione del feto, peròè possibile per i centri di ricerca comprare gli embrioni all’estero.In molti paesi non esistono ancora leggi esplicite atte a disciplinare la ricerca sulle cellule staminali umane.
Essendo l'utilizzo di embrioni una questione di grande controversia in termini etici, gli scienziati di tutto il mondo cercano altre fonti di cellule staminali. Il tipo di cellule staminali che si trova nel midollo osseo degli adulti sembra essere una possibilità. Queste cellule staminali sono potenzialmente già capaci di differenziarsi in una gran varietà di globuli rossi nell'arco del ciclo vitale.In futuro, gli scienziati sperano di manipolare queste cellule staminali adulte affinché, invece di produrre soltanto globuli rossi, possano dare origine a cellule cerebrali, epatiche, cardiache e nervose. Nonostante tutto, è probabile che le cellule staminali embrionali rappresentino, nel frattempo, una prospettiva più immediata per nuovi trattamenti e cure. 
DA DOVE PROVENGONO GLI EMBRIONI UMANI?
In tutta l'Unione Europea ci sono, attualmente, almeno 100.000 embrioni "di riserva" conservati in specifici congelatori. Questi embrioni vengono creati durante la fase di routine delle cure contro la sterilità (FIVET). Un solo ciclo di trattamento di FIVET comprende la fecondazione simultanea di più ovuli. In seguito, vari ovuli fecondati vengono reimpiantati nella madre, mentre i rimanenti vengono congelati nell'eventualità in cui il primo tentativo di fecondazione non andasse a buon fine.Se la FIVET ha invece successo, la coppia può decidere se donare gli embrioni inutilizzati a fini di ricerca oppure eliminarli.Tuttavia, non si è mai riusciti a prendere una decisione sul destino degli embrioni congelati. Negli ultimi vent'anni, dall'inizio della FIVET, molti donatori hanno cambiato casa, si sono risposati (cambiando cognome, nel caso delle donne) o addirittura sono deceduti. Le cliniche possono non essere in grado di rintracciarli e il destino di molti embrioni rimane pertanto incerto.
Una seconda fonte di cellule staminali, ancor più polemica, sarebbe la creazione di embrioni unicamente a fini di ricerca o cura. Non è mai esistita alcuna intenzione di impiantarli in una donna. La creazione di un embrione con queste finalità è considerata da molte persone (e da alcuni governi) eticamente scorretta. In qualsiasi caso, esistono già milioni di spermatozoi e migliaia di ovuli non fecondati congelati in cliniche di fertilità di tutta Europa. Se quegli spermatozoi fossero utilizzati per fecondare i suddetti ovuli, sarebbe disponibile un numero di embrioni ancora maggiore per ottenere cellule staminali e poter quindi curare alcune malattie.
Esiste infine un ultimo modo di ottenere embrioni umani, basato sull'utilizzo della tecnica della clonazione. Questa tecnica consiste nella creazione di un embrione umano contenente la composizione genetica completa di una persona in vita. Se fosse trapiantato nell'utero di una donna, l'embrione potrebbe tecnicamente trasformarsi in un clone (cioè una copia geneticamente uguale) di quella persona. Se fosse utilizzato per compiere ricerche, l'embrione fornirebbe cellule staminali per la cura di alcune malattie.
LA CLONAZIONE UMANA: PANORAMA GENERALE
Clonare significa produrre una copia geneticamente uguale di un individuo.La procedura è la seguente: gli scienziati otterrebbero il DNA partendo da una cellula epidermica e lo collocherebbero nell'ovulo di una donna da cui sia stato precedentemente estratto il DNA. Una scintilla elettrica dividerebbe l'ovulo e, dopo alcuni giorni, si otterrebbe un embrione uguale all'altro.La stampa ha parlato molto della clonazione umana. In realtà, la maggior parte degli scienziati non è interessata a realizzare cloni umani. Quello che gli scienziati tentano di fare è produrre cellule umane clonate che possano essere utili nella cura di alcune malattie. Ecco come potrebbe funzionare: immagina di avere una malattia che sta distruggendo lentamente parte del cervello. I trattamenti attuali riuscirebbero appena a ridurre i sintomi, mentre la malattia continuerebbe a provocare lesioni a livello cerebrale. La clonazione offrirebbe quindi una speranza di cura. Gli scienziati produrrebbero un embrione clonato utilizzando il DNA delle cellule epidermiche. In seguito, preleverebbero le cellule staminali da questo embrione, trasformandole in cellule cerebrali, da trapiantare nel cervello.
LA CLONAZIONE UMANA: I RISCHI
L'obiettivo della ricerca sulla clonazione umana non è mai stato quello di clonare persone o creare bambini di riserva.La ricerca ha come obiettivo quello di ottenere cellule staminali per la cura di alcune malattie. Tuttavia sono stati pubblicati i risultati delle ricerche sulla clonazione animale e umana allo scopo di ottenere cellule staminali. Come nel caso di altre scoperte scientifiche, queste pubblicazioni sono disponibili a livello mondiale.
Era quindi inevitabile che un giorno queste conoscenze fossero utilizzate in modo scorretto. Infatti, diverse persone in tutto il mondo hanno diffuso l'idea di clonare un bambino.Queste persone non lavorano per alcuna università, ospedale o istituzione governativa. In generale la comunità scientifica a livello mondiale si è opposta con decisione a qualsiasi ipotesi di clonare un neonato. Secondo John Kilner, presidente del Centro per la Bioetica e la Dignità Umana negli Stati Uniti, "La maggior parte delle ricerche pubblicate dimostra che la morte o la mutilazione del clone sono risultati molto probabili nella clonazione di mammiferi".
I medici considerano i rischi della clonazione umana molto elevati."Sottoporre gli esseri umani alla clonazione non significa correre un rischio sconosciuto, bensì mettere le persone consapevolmente in pericolo", afferma Kilner. La maggior parte degli scienziati è della stessa opinione. La grande maggioranza dei tentativi di clonazione di un animale ha dato come risultato, in seguito all'impianto, un embrione deformato oppure un aborto. Gli studiosi sostengono che i pochi animali nati in seguito a clonazione presentano malformazioni, come per esempio deformazioni del rivestimento polmonare, non rilevabili attraverso analisi o test uterini. Chi di noi accetterebbe questi risultati in un esperimento effettuato sui bambini?
Staff Progetto Art. 9

LA VIOLENZA SULLE DONNE



La condizione della donna nella storia è stata quasi sempre caratterizzata da uno stato di subordinazione all’uomo, che aveva inizio sin dalla nascita. Infatti, alla bambina veniva impartita un’educazione diversa da quella del figlio maschio. Le stesse leggi prevedevano diritti e doveri diversi per gli uomini e le donne e fino alla metà del secolo scorso, gran parte di esse non poteva votare né essere eletta a cariche politiche. Nella seconda metà del secolo scorso, con il ’’femminismo’’ e i movimenti di liberazione femminile, le donne hanno conquistato maggiori diritti ed oggi si può dire che nel mondo occidentale ci si sta avviando verso una situazione di sostanziale parità.  
Da qualche tempo, però, la violenza sulle donne è un fenomeno che sembra crescere sempre più, sono quasi tre milioni (il 14% del totale) di donne italiane che sono vittima di violenza fisica e sessuale, caratterizzata quindi da maltrattamenti, ingiurie, stupri, induzione alla prostituzione, violenze psicologiche. La violenza non è solo quella fisica o sessuale, si può infatti avere una vera e propria violenza psicologica, che è stata definita stalking, caratterizzata da un comportamento, prevalentemente maschile, caratterizzato da persecuzione reiterata, molestie asfissianti, appostamenti, intromissione nella vita privata verso una persona generalmente di sesso opposto. Ed è proprio su questo tipo di violenza che si ha il massimo della tolleranza, anche se è bene sottolineare che negli ultimi anni si è avuta una maggiore attenzione a questo tipo di problema tanto da far approvare nel febbraio del 2009 una legge, la n. 38, che fornisce una risposta concreta nella lotta contro la violenza perpetrata soprattutto a danno delle donne. Chi usa violenza alle donne è nella maggioranza dei casi il marito, il fidanzato, il convivente, l'ex partner. Spesso, e questo è un altro motivo di non denuncia, gli aggressori si trovano proprio tra le mura domestiche, mariti, fidanzati, conviventi o ex partner, ma anche genitori e parenti di primo grado, persone su cui la donna ripone la più grande fiducia, legate da sentimenti affettivi molto forti; ecco che la violenza contro le donne è denominata anche "violenza domestica", un fenomeno cui in passato si dava poca importanza, essendo considerato una delle possibili espressioni del conflitto coniugale. Raramente le donne denunciano gli abusi subito, eppure spesso si tratta di violenze gravi che provocano lesioni sui corpi femminili. Le donne aggredite provano paura, rabbia, insicurezza, perdita di autostima e di fiducia negli altri. Ancora oggi le stragi di violenza maschile sulla donna vengono codificate dalla cronaca con le parole “omicidio passionale”, “d’amore”, “raptus”, “momento di gelosia”, quasi a testimoniare il bisogno di dare una giustificazione a qualcosa che è in realtà mostruoso. Violenza, stupri di gruppo, noia del sabato sera, alcool, questo si legge sui giornali, giorno dopo giorno notizie strazianti e sempre più crudeltà nelle azioni dei giovani su ragazze.
Bisogna dire basta a tutto questo, non solo scriverlo, occorre unirsi e farsi coraggio senza arrendersi mai. Le donne violentate devono combattere e avere il coraggio di denunciare la persona che gli fa del male, a prescindere da chi esso sia, marito, ex partner, convivente, perché queste cose sono aberranti e bisogna denunciarle.

Anna Neri classe II D 

sabato 18 maggio 2013

FORMICOLA: IV FESTA DELLA CILIEGIA



La Pro Loco Il Caprario, con il patrocinio del Comune di Formicola, dell’Unpli Caserta e dell’Associazione Nazionale Città della Ciliegia, organizza la IV FESTA DELLA CILIEGIA. L’appuntamento è fissato per l’8, 9, 14, 15 e 16 giugno 2013. Il programma prevede animazione di diverso genere, dalle 20.30 alle 24.00, oltre ovviamente alla distribuzione di cibi e bevande…il tutto allestito nel centro storico.


mercoledì 15 maggio 2013

DNA DEL COLPEVOLE



Permette di sapere se una persona era presente o no sulla scena del crimine, di scagionare persone accusate di reati, di identificare le vittime di catastrofi naturali o verificare l’identità di persone scomparse. È il Dna: l’impronta genetica che rende unico ciascuno di noi e la cui analisi facilita anche il lavoro degli investigatori permettendo di risalire in modo inequivocabile al “proprietario” della traccia biologica prelevata sulla scena del crimine. Il test del Dna permette anche di escludere con certezza, così come è successo anche in alcuni recenti casi di cronaca, la presenza di una persona, ad esempio in casi di violenza sessuale. L’impronta biologica è infatti unica per ogni persona (tranne per i gemelli omozigoti) e la sua analisi permette – con un dato scientifico assolutamente inconfutabile – di dire se quel liquido o quella cellula appartiene o no a una determinata persona. Le difficoltà nascono in special modo quando si analizzano situazioni di violenze sessuali o omicidi in cui i liquidi biologici possono essere mischiati. In poche parole sulla scena del delitto c’è sempre una traccia: se è unica, può essere facilmente confrontata con quella dell’imputato o del sospettato; se invece è mista la certezza del risultato c’è, ma è più difficile da interpretare e da spiegare a una giuria nel corso del dibattimento.
Nel caso, ad esempio, di una violenza sessuale di gruppo, viene estratto una campione di liquido seminale dove sono presenti più fluidi biologici; i vari punti del Dna analizzati forniscono una sequenza di numeri da comparare con quella dei sospettati. Se nelle 2 sequenze poste a confronto c’è anche un solo numero diverso (che compare in una, ma non nell’altra) vuol dire che non è quella la persona che stavamo cercando. In base a standard internazionali sono 16/17 i punti del Dna analizzati per un sequenza totale di 32/34 numeri (2 valori per ogni punto). Spiega ancora il biologo Biondo: «Per noi ogni punto analizzato permette di lasciare nella lista dei sospettati solo il 10 per cento del totale. Questo vuol dire che quando si hanno 10 punt punti analizzati quel Dna può corrispondere solo a 1 persona su 10 miliardi». Quando è possibile invece analizzare solo 6 punti del Dna il risultato non è utile all’identificazione: può esserci solo la compatibilità.
MOZZICONI DI SIGARETTA, SALIVA E SANGUE
Gli esami del Dna si possono effettuare su campioni di sangue, saliva, liquido seminale, ossa, denti, frammenti di pelle o di altri tessuti. Un mozzicone di sigaretta lasciato sul luogo del delitto contiene abbastanza saliva da permettere l’esame. Ed è proprio grazie alle analisi del Dna, effettuate sui tanti mozziconi di sigaretta trovati sul monte che sovrasta l’autostrada A/29 Trapani-Palermo, che sono stati incastrati gli esecutori della strage di Capaci. Le prove riconducevano a Mario Santo Di Matteo e Gioacchino La Barbera come artificieri del commando mafioso che  il 23 maggio del 1992  fece esplodere un’enorme carica di tritolo che uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e 3 agenti della scorta.
Numerosi sono i progressi fatti in questo campo nel corso degli anni e le moderne tecnologie, sempre più sensibili, permettono oggi ai biologi esperti della polizia scientifica, e non solo, di svolgere l’analisi anche su microtracce di liquido biologico dove altri test forse fallirebbero. Una microtraccia lasciata su un minuscolo pezzo di scotch ha permesso di confutare, ad esempio, la testimonianza di Angelo Izzo nel caso del duplice omicidio di Maria Carmela Maiorano e della figlia quattordicenne Valentina. Le donne furono uccise, legate con un nastro adesivo e poi sotterrate in una villetta nei pressi di Ferrazzano, in provincia di Campobasso, il 28 aprile 2005. Nella sala da pranzo, dove secondo gli investigatori era stata uccisa la giovane ragazza, Izzo diceva di non esserci mai entrato. Gli inquirenti non erano riusciti a trovare, in quel luogo, impronte o altri reperti utili per fornire prove da usare durante il processo. Furono trovati solamente alcuni piccoli pezzettini di nastro adesivo che probabilmente l’assassino aveva staccato con la bocca e che gli erano rimasti appiccicati al labbro. Il Dna estrapolato da quei microframmenti di scotch corrispondeva a quello di Angelo Izzo e dimostrava che l’imputato in quella stanza, a differenza di quanto affermava, ci era entrato. Se quei pezzetti di scotch non fossero stati repertati, magari oggi confutare quella versione sarebbe stata impossibile.
Sempre nel 2005 un altro caso di omicidio fu risolto a Firenze grazie a delle piccolissime tracce di sangue trovate sui vestiti dell’assassino. Si tratta dell’omicidio di Emanuela Biagiotti trovata morta, accoltellata, all’interno del supermercato dove lavorava. Dopo varie indagini i sospetti caddero su un collega della vittima: Leonardo Tovoli. Nonostante l’uomo avesse lavato gli abiti che indossava, gli investigatori riuscirono a trovare tra le fibre del tessuto dei pantaloni una piccola traccia di sangue: l’analisi del Dna dimostrò che si trattava proprio del sangue della vittima.
UN CAPELLO PER L’OMICIDIO D’ANTONA
Ma anche la radice di un solo capello può rivelare con esattezza il proprietario della traccia biologica. Ed è proprio grazie ad un capello che le indagini sull’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona arrivarono ad una svolta: sul luogo del delitto c’era anche la brigatista Laura Proietti. In via Salaria, la mattina dell’omicidio, era parcheggiato un furgone bianco sul cui sedile gli uomini della Scientifica hanno trovato un capello; l’analisi del Dna chiarì subito che apparteneva ad una donna. Pochi giorni più tardi quel risultato fu confrontato con il Dna della Proietti estratto dalla saliva recuperata da un mozzicone di sigaretta: erano gli stessi.
CROMOSOMA Y E LEGAMI PARENTALI
Le ultime tecnologie permettono anche di fare analisi specifiche sui Dna per capire se esiste una relazione parentale di origine materna o paterna. Questa possibilità è stata utilizzata nel caso dell’omicidio di Giuseppina Potenza, trovata morta sulla spiaggia di Manfredonia nel 2004. In quell’occasione è stata utile la professionalità del medico legale della Polizia di Stato che ha preso un campione sulla superficie esterna della vittima che è servito a individuare il Dna dell’ultima persona che aveva avuto un rapporto con la donna prima che morisse. I sospettati erano tanti e per ridurre il campo è stata fatta un’analisi sul cromosoma Y di questo Dna estratto per vedere se c’era un legame parentale con la vittima. Il cromosoma Y viene, infatti, trasmesso di padre in figlio in tutta la progenie maschile. In questo caso il cromosoma Y corrispondeva a quello del padre di Giuseppina, ma il Dna non era il suo. Rimanevano “in gioco” una decina di persone tra fratelli del padre, figli dei fratelli e cugini. Il Dna trovato corrispondeva a quello di un cugino da parte del padre. Tutto questo è ovviamente sempre possibile solo se i reperti e le cellule biologiche sono integre. Il Dna si regge infatti su un’architettura formata da una struttura centrale proteica la cui stabilità è fondamentale per mantenerne le caratteristiche. Ma le alte temperature o i batteri possono intaccarlo, cambiarne la struttura e spezzarlo. Se i punti di rottura del Dna sono quelli che servono per le analisi non si ottiene alcun risultato. Se invece le parti che servono per il test sono integre e conservate in modo corretto, è possibile grazie alle moderne tecnologie ottenere buoni risultati anche su campioni di 20 anni fa. Per questo motivo nei laboratori della Scientifica della Polizia di Stato i campioni di Dna, estratti e analizzati, vengono conservati in frigoriferi a temperature che stanno all’incirca a 25 gradi sotto zero.
IDENTIFICARE LE VITTIME DI DISASTRI NATURALI
C’è un gruppo di missione composto da esperti della Polizia Scientifica, il Disastervictimidentification (Dvi), che lavora in casi di catastrofi naturali per l’identificazione delle vittime senza nome. Dopo lo tsunami che ha colpito la Thailandia (dove il gruppo è riuscito a identificare ben 40 italiani) e l’attentato terroristico a Sharm ElSheik, il Dvi ha applicato le sue sofisticate tecniche anche a L’Aquila dopo il terremoto. Per dare un’identità ai corpi spesso martoriati dalla macerie si procede con la ricerca di segni di riconoscimento, con il prelievo, quando possibile, di impronte digitali o dentarie o con il prelievo di materiale biologico per estrarre il profilo genetico della vittima.
Ricerca effettuata sul sito www.poliziadistato.it

Staff Progetto Art. 9

martedì 14 maggio 2013

DISAGIO GIOVANILE: DROGA E ALCOOL



I giovani negli ultimi anni costituiscono la maggior parte delle vittime del sabato sera, della droga e dell’alcool.
La causa di questa grande piaga, che affligge le nuove generazioni, è da ricercare nella solitudine, nelle difficoltà a superare momenti difficili della vita, nella paura del futuro. Una perdita di speranza e di fiducia che induce gli adolescenti a giocare con la propria vita.
Forse siamo deboli o magari soltanto stupidi a trasformare un bisogno, anche abbastanza normale, di divertirsi, di staccare un pò la spina, di cambiare aria, in un pretesto per farci del male.
Le iniziative per combattere i problemi giovanili come la droga e l’alcolismo, non sono state poche: anticipare la chiusura delle discoteche, cercare in qualche modo di limitare il consumo di alcolici soprattutto tra i minorenni. Queste normative, purtroppo, non hanno prodotto grandi risultati, forse perché non è così che si combattono le cause per cui i giovani compiono determinate azioni, ma si cerca solo di contenere il problema.  
La soluzione sta nel guardare le nuove generazioni con un occhio diverso; nel vedere in esse la possibilità di costruire un futuro migliore del presente, dando loro i mezzi per concretizzare i loro sogni e le loro aspirazioni o, più semplicemente, vedendo in loro una risorsa.
Gli adolescenti soffrono di solitudine e di depressione e forse sono coloro che maggiormente avvertono il peso delle proprie emozioni. E’ questo che li induce a voler trovare una via di evasione ai problemi, almeno per qualche ora.
Le sbronze del sabato sera, le dosi di cocaina, gli spinelli, i balli sfrenati non rispecchiano la volontà di farla finita, ma piuttosto il desiderio di trovare una risposta ai propri problemi, anche se queste non sono certamente quelle giuste.
Auspichiamo per il futuro una maggiore educazione alla riflessione, anche se non sono molti quelli che hanno la volontà di ascoltarci.

Staff Progetto Art. 9

lunedì 13 maggio 2013

COLLEGIO DEI DOCENTI


E’ convocato per le ore 15.00 del 14 maggio 2013 presso i locali dell’ITI, in via G. Caso a Piedimonte Matese, il Collegio dei Docenti dell’ISISS Piedimonte Matese.

IL FUMO UCCIDE



Nonostante nell'antichità si fumassero tante essenze, il fumo è tradizionalmente legato al consumo di tabacco.

Il tabacco 
Con questo nome si indicano varie specie di piante erbacee appartenenti al generevNicotiana. Di provenienza centroamericana, fu introdotto in Europa intorno al 1560 e si diffuse nelle regioni a clima temperato fino ad essere coltivato industrialmente. Fu la spedizione di Colombo che, sbarcando a Cuba, scoprì indigeni che fumavano rotoli di cohiva (nella lingua locale i rotoli erano detti tobaccos). Presso i Maya il fumo era parte integrante del culto del dio Sole, mentre gli Aztechi usavano il tabacco come dote che il pretendente doveva versare in base alla bellezza della sposa. I missionari spagnoli e portoghesi diffusero il tabacco in tutto il mondo, chiamandolo erba santa e attribuendogli presunte proprietà medicamentose.
La pianta arriva fino a 2 m di altezza con fusto eretto e peloso. Le foglie allungate o ellissoidali contengono nicotina e composti aromatici. Da esse si ricava il tabacco da fumo o da masticare (Nicotiana tabacum) e quello da fiuto (Nicotiana rustica) attraverso un processo che comporta l'essiccamento, la fermentazione e la stagionatura delle foglie. Il principale alcaloide contenuto nelle foglie del tabacco è la nicotina (dal nome dell'ambasciatore francese a Lisbona Jean Nicot che nel 1560 introdusse in Francia il tabacco) che ha effetti neurotropi sul sistema nervoso centrale e sul sistema nervoso neurovegetativo, con effetti ipertensivi, di accelerazione della frequenza cardiaca e di incremento della secrezione acida dello stomaco. In agricoltura è usato come pesticida. I fiori del tabacco sono bianchi, rosati, rossi e verdastri e hanno corolla tubulosa. I frutti a capsula forniscono molti semi marroni dai quali si ottiene un olio semiessiccativo. I principali produttori di tabacco sono Cina, Stati Uniti d'America, India, Brasile, Russia, Turchia.


Un po' di cifre 

In Italia fuma il 25% circa della popolazione (14 milioni); attualmente le donne fumatrici sono in aumento mentre si verifica una diminuzione fra i fumatori. La diminuzione più sensibile si registra al Nord-Ovest. Nel mondo sono più di un miliardo e 200 milioni (il 33% della popolazione oltre i quindici anni). La fascia d'età ove la percentuale è più alta è quella fra i 25 e i 44 anni. Con l'accresciuta sensibilità alla cura della propria salute, il fumo è diventato anche un fatto culturale; un rapporto ISTAT (2001) indica come nelle famiglie con bambini in età prescolare, se almeno un genitore è laureato, nel 61,7% dei casi nessuno fuma, con il diploma la percentuale scende al 58,6%, con la licenza media al 45% e con la licenza elementare al 25,4%. Il fumo di sigaretta è causa di molteplici patologie che colpiscono diversi organi del nostro corpo.
Due dati per meditare:


1) Una sigaretta si brucia 30 mg di vitamina C, metà della RDA giornaliera.
2) In una stanza una sigaretta fa arrivare il livello di polveri sottili a 2000 microgrammi per metro cubo quando per fermare il traffico ne bastano 75.

La salute 
Il fumo aumenta il rischio di ictus cerebrale, aumenta le rughe del viso cui fa assumere una colorazione giallastra, aumenta la frequenza cardiaca e il rischio d'infarto, favorisce il deposito di grassi sulle pareti delle arterie, restringe i vasi sanguigni, riducendo la temperatura delle parti periferiche del corpo, aumenta dell'80% il rischio del tumore alla cervice uterina. Il danno più grave del fumo è comunque a livello polmonare: enfisema e cancro del polmone sono patologie strettamente connesse al fumo di sigaretta.  Si calcola che nei primi decenni del XXI sec. in Asia e in Africa si assisterà a una vera e propria epidemia di cancro al polmone, a causa dell'incremento del vizio del fumo (anche di quattro volte in dieci anni) presso popolazioni in cui l'informazione medica non è sufficientemente presente.
  
Fumo passivo 

Si deve tener conto anche dei danni provocati dal cosiddetto fumo passivo (aspirazione di fumo da parte di non fumatori) che in Italia provoca 10.000 morti all'anno. In Italia si calcola che le persone che subiscono il fumo passivo sono circa quindici milioni e che un 25% ha meno di quattordici anni. I bambini sono esposti al fumo passivo soprattutto in casa da parte dei genitori; oltre al danno diretto esiste anche un danno a lungo termine: solo il 15% circa dei bambini con genitori che non fumano diventerà un fumatore, mentre la percentuale sale oltre il 35% quando entrambi i genitori fumano.

Perché smettere  
La prima ragione per smettere è molto semplice: per vivere più a lungo. Ci sono molte statistiche che danno la vita persa per ogni sigaretta fumata. Riteniamo che non siano abbastanza coinvolgenti perché nessuno si mette a calcolare quanti anni di vita in media si perdano. Penso che sia più semplice dire che:
un fumatore perde in media un numero di anni pari alla metà del numero di sigarette fumate al giorno.
I benefici per chi smette di fumare si manifestano già dopo una settimana, ma diventano veramente sensibili dopo qualche anno, a volte ristabilendo una situazione perfettamente normale. Concludere che si deve smettere di fumare per la propria salute è un'affermazione che molti fumatori incalliti rigettano dicendo (in parte anche giustamente) che ognuno è libero di decidere la propria sorte (e la propria morte!!!).

Partendo dal fatto che ci sarà pure un motivo per cui la percentuale di fumatori è tanto più alta dove c'è meno cultura, la motivazione si basa su alcune considerazioni difficilmente contestabili:


Se ci si definisce fumatori "incalliti" tanto vale definirsi tossicodipendenti e un tossicodipendente che non fa nulla per uscire dalla sua situazione che valori può avere? È singolare che anche persone nobilissime dal punto di vista morale fumino: se non ho rispetto del mio corpo e di me stesso, come posso predicare il rispetto per gli altri, come posso avere una morale quando per una sigaretta sarei pronto a venire a patti con la mia coscienza?


Se ci si definisce fumatori "occasionali", si sarà convinti che "si può smettere quando si vuole" ecc. Il danno fisico per questi soggetti è limitato, per alcuni è addirittura assente; per altri invece è presente e concorre ad aggravare altre patologie. Ma se non si riesce a correggere i piccoli difetti come si può pretendere di correggere i grandi?

Alla fine conviene affermare che: NON FUMARE È INTELLIGENTE, MA LO È ANCORA DI PIÙ SMETTERE”.

Staff Progetto Art. 9


L'OMOFOBIA



L'omofobia (comp. di omo e fobia) è la paura e l'avversione ossessiva e irrazionale nei confronti dell'omosessualità e degli omosessuali, basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo.
Il 17 maggio del 2005 è stata ideata da Louis Georges Tin la prima giornata contro l'omofobia; essa è stata istituita dall'Unione europea nel 2007 per promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare tale fenomeno e per denunciare e lottare contro ogni violenza fisica, morale o simbolica legata all'orientamento sessuale.
Perché il 17 maggio? Perché in questo giorno, nel 1990, l'omosessualità fu rimossa dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ancora oggi, l'omosessualità viene punita in molti Paesi quali l'Arabia Saudita, la Nigeria, il Sudan, l'Iran, mentre in altri, quali la Spagna, la Svezia, l'Olanda e la Francia, si tutelano i diritti delle coppie gay.
Nel 2012, l'allora ministro dell'Istruzione Profumo, con una circolare, ha invitato le scuole a festeggiare la giornata dell'omofobia; essa è un fatto frequente (molti atti di “bullismo”, infatti, sono rivolti contro studenti omosessuali), di cui, tuttavia, si parla poco.

Staff Progetto Art. 9

venerdì 3 maggio 2013

CONVOCAZIONE CONSIGLI DI CLASSE



Il giorno 7 MAGGIO 2013 alle ore 14.30 è convocato, presso la sede associata dell’Istituto Tecnico Agrario di Formicola, il Consiglio di Classe della V sezione D per la stesura del DOCUMENTO DEL 15 MAGGIO.