mercoledì 20 marzo 2013

BENVENUTO PAPA FRANCESCO



Come preannunciato dalla fumata bianca dalla “ciminiera” della Cappella Sistina, alle  19.06 di mercoledì 13 marzo è stato eletto un nuovo papa. “Habemus papam”: alle 20.12, il cardinale protodiacono Tauran ha annunciato l'elezione di Jorge Mario Bergoglio, che ha adottato il nome di Francesco.
Il 266° vescovo di Roma ha 76 anni, è di nazionalità argentina e appartiene ai chierici regolari della Compagnia di Gesù. È il primo gesuita a diventare papa, il primo proveniente dall'Argentina e, quindi, da un continente extraeuropeo, e il primo papa ad assumere il nome di Francesco, in onore di San Francesco d'Assisi. Papa Bergoglio ha detto, infatti, di volere una “Chiesa povera per i poveri” e di rivolgere la sua attenzione ai più deboli, agli ultimi. San Francesco, circa 800 anni fa, andò in soccorso della Chiesa di Roma in risposta alla chiamata avuta in sogno di riparare la Chiesa; oggi, il papa Francesco intende assumere la missione di ritorno al Vangelo “sine glossa”, cioè senza adattamenti.
Questo nuovo papa sarà un degno successore di papa Wojtyla e di papa Ratzinger? Noi pensiamo di sì, anche per i semplici gesti compiuti dal giorno della sua elezione, che lo hanno fatto entrare nel cuore dei fedeli: la scelta di indossare una croce di ferro e non d'oro; l'essersi mostrato senza stola e mozzetta; la recita di preghiere semplici; il cucinarsi da sé; lo spostarsi in bicicletta, autobus o metropolitana.
Auguri al nostro nuovo pontefice Francesco.

Giuseppe Ricciardi, V D

domenica 17 marzo 2013

19 MARZO, GIORNATA DELLA LEGALITÀ



Il 19 marzo si ricordano tutte le vittime della mafia e tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita perché ci fossero più giustizia e più libertà per gli altri.
La scelta di questa data è legata a un evento drammatico avvenuto nel 1994: la morte di don Peppe Diana, ucciso nel giorno del suo onomastico nella sua Chiesa, a Casal di Principe, mentre si apprestava a celebrare la Messa. A Natale del 1991, in tutte le chiese di Casal di Principe e dell'aversano, veniva diffusa la sua famosa lettera Per amore del mio popolo non tacerò, in cui denunciava le attività criminose della camorra e il dolore delle famiglie che vedevano i loro figli diventare vittime o mandanti di tale organizzazione.
Don Peppe Diana è un eroe dei nostri tempi, che ha lottato contro la camorra e, quindi, contro la prevaricazione e la barbarie in nome della giustizia e della solidarietà umana. Ma non è il solo; ricordiamo, tra gli altri, i giudici Falcone, Borsellino, Livatino; il giornalista Giancarlo Siani, ucciso per i suoi articoli contro i clan camorristici di Torre Annunziata, la cui storia è narrata nel film “Fortapàsc” di Marco Risi; Peppino Impastato, che denunciò le attività della mafia in Sicilia; il sindaco di Pollica Angelo Vassallo, ucciso in un attentato di sospetta matrice camorristica. Non vanno dimenticati, inoltre, tutti i morti per ritorsione, come Franco Imposimato, fratello del giudice Ferdinando Imposimato, noto per le sue inchieste su terrorismo e mafia, e Gelsomina Verde, uccisa a 22 anni perché legata affettivamente ad uno scissionista, e i morti “per errore”, che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, come Annalisa Durante, Rosa Visone e Mario Ferrillo, scambiato per un camorrista.   
Quest'anno, la giornata della legalità sarà un giorno di scuola, nel quale si ricorderà la lezione luminosa di don Peppe Diana e delle altre vittime affinché ci impegniamo quotidianamente nella realizzazione di percorsi di legalità e partecipazione civile.

Emanuele Munno, V D

IL QUOTIDIANO IN CLASSE



Grazie al progetto “Il quotidiano in classe” che, iniziato a dicembre, si concluderà a maggio, gli alunni dell'Itas possono leggere vari quotidiani: La Gazzetta dello Sport, dal martedì al sabato; Il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore il giovedì. Il progetto ha lo scopo di avvicinare i giovani alla lettura dei giornali e ad “allenarli” all'esame di Stato, visto che una delle prove scritte è la stesura di un articolo.

Struttura del giornale
La testata è il titolo del giornale, spesso affiancata da manchette pubblicitarie. La prima pagina è un po' la vetrina del giornale: in essa compaiono le notizie più importanti e gli articoli relativi tendono a concludersi nella pagina stessa; ci sono anche civette, cioè titoli-annuncio seguiti da un breve commento (il resto dell'articolo segue alle pagine interne). L'articolo di fondo o editoriale si trova in alto a sinistra e tratta di politica o di importanti fatti di attualità; è scritto dal direttore o da un giornalista “autorevole”. A destra dell'articolo di apertura, si trova l'articolo di spalla; fino a qualche anno fa, era dedicato alla notizia che si riteneva di maggiore attrazione per i lettori perché gli edicolanti usavano tenere i giornali piegati sul banco e così si vedeva solo la parte di destra. Nelle pagine interne, in alto, si trova una scritta che indica la sezione del giornale che si sta leggendo: politica interna ed estera (prima e seconda pagina); cultura (terza pagina); economia e finanza; sport; spettacolo; cronaca locale.

Com'è fatto un articolo?
Il titolo svolge funzioni precise: suscitare l'interesse del lettore e presentare subito la notizia. Si compone di vari elementi:
-occhiello o soprattitolo, in caratteri meno evidenti rispetto al titolo vero e proprio, che introduce il tema generale;
-titolo, scritto in caratteri più grandi, che dà la notizia principale o il succo dell'articolo;
-sommario o sottotitolo, che aggiunge altri particolari;
-il catenaccio, che introduce e sintetizza in breve l'articolo.
Ogni giornalista deve attenersi alla regola delle 5 W affinché l'articolo sia esauriente: essa fa riferimento alle iniziali delle cinque parole inglesi che indicano il tipo di informazione che occorre dare per essere chiari:
-what: che cosa è avvenuto;
-who: chi è stato il protagonista;
-when: quando è successo;
-where: dove è successo;
-why: perché è accaduto;

I quotidiani in Italia
Il giornalismo moderno ha una duplice origine:
-economico-commerciale, perché discende dai fogli di informazione commerciale che circolavano nelle società marinare e portuali del Nord Europa e a Venezia;
-letteraria, legata alle gazzette letterarie e “alla società dei salotti”, dove si riunivano borghesi interessati alle arti e alle scienze.
In Italia, il giornalismo nasce in un ambito essenzialmente letterario per lasciare successivamente il passo ai giornali politici. Fra i più antichi quotidiani italiani, ci sono La Nazione, nata a Firenze nel 1859, il Giornale di Sicilia (1860), Il Roma di Napoli (1862), il Corriere della Sera (1876), il Messaggero (1878).
La diffusione della stampa in Italia nel XIX secolo era limitata dall'esteso analfabetismo; all'inizio del XX secolo, ci fu una crescita del numero di testate e una maggiore diffusione della stampa.
Attualmente, il numero di testate è di circa 180 ma l'Italia è fra i Paesi più arretrati in Europa per diffusione e lettura della stampa quotidiana: da noi si acquistano meno giornali rispetto al resto dell'Europa Occidentale, ma si passa più tempo davanti al televisore. Alcuni giornali di qualità, come la Repubblica, cercano di attrarre più lettori adottando un linguaggio più semplice e rendendo le notizie più spettacolari.

Ilaria Piserà e Alessandro Scheiber, III D
Roberto De Matteo, V D

venerdì 15 marzo 2013

LAUREA BIS: AUGURI PROF.



Martedi scorso, presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, Facoltà di Lettere e Filosofia, la nostra Prof.ssa Maria Rosa Lombardi ha conseguito la sua seconda laurea in Filologia Moderna.

Alla Prof.ssa vanno le congratulazioni da parte dei colleghi, del personale e di tutti gli alunni del plesso di Formicola.
Auguri Prof. !!!!!

Lo staff

venerdì 8 marzo 2013

8 MARZO: LA FESTA DELLE DONNE



Dall'inizio del Novecento, molti avvenimenti hanno portato alla formazione di una identità femminile e alla lotta per la rivendicazione dei diritti delle donne. Durante il VII Congresso della II Internazionale socialista del 1907 a Stoccarda si è discusso della questione femminile e del voto alle donne. Nel 1908, durante la conferenza del Partito socialista a Chicago, ribattezzata Woman's Day, si è parlato dello sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto. Tra novembre 1908 e febbraio 1909, circa 20.000 camiciaie scioperarono a New York per rivendicare i propri diritti; pertanto, le socialiste americane decisero di proporre l'istituzione di una giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne: l'ultima domenica di febbraio negli Stati Uniti; il 19 marzo (1911) in Germania, Svizzera, Danimarca ed Austria; il 18 marzo (1911) in Francia; il 12 marzo (1922) in Italia.
Il 1975 è stato definito dalle Nazioni Unite come l'Anno Internazionale delle Donne e l'8 marzo in tutto il mondo i movimenti femministi hanno manifestato per ricordare le conquiste politiche, sociali ed economiche delle donne ed i vari soprusi subiti nei secoli. Fu Rosa Luxemburg a proporre di istituire questa data come giornata di lotta interazionale a favore delle donne in ricordo di un terribile evento.  L'8 marzo del 1908, le operaie dell'industria tessile Cotton di New York  scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, ma l'8 marzo il proprietario della fabbrica bloccò le porte per impedire alle operaie di uscire; scoppiò un incendio e 129 operaie morirono bruciate vive.
Dal 1946, l'UDI (Unione Donne Italiane) introdusse, come simbolo di questa giornata, la mimosa, poiché fiorisce proprio nel periodo della festa e, quindi, non è molto costosa. Secondo alcuni, essa fu scelta in ricordo delle operaie della fabbrica Cotton, nei pressi della quale cresceva un albero di mimosa.
Nel corso degli anni, la festa della donna ha un po' perso il suo valore iniziale; per molte donne occidentali, infatti, questa giornata è l'occasione per uscire da sole con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna della “trasgressione”. Dobbiamo, invece, riappropriarci di questa giornata e farla ridiventare un momento di riflessione e di confronto.

Enza Baldino e Ilaria Spina, V D

martedì 5 marzo 2013

UN VUOTO INCOLMABILE



C'è chi la considerava un polo scientifico all'avanguardia dove operare. Chi un luogo dove trascorrere interessanti ore tra musei, spazi aperti e padiglioni, ma tutti erano concordi nell'affermare che Città della Scienza rappresentasse una delle poche, autentiche e concrete, occasioni di rilancio per Napoli. Ora tutto questo non c'è più.
Infatti ieri 4 marzo 2013 CITTÀ DELLA SCIENZA è andata in fumo, devastata da un incendio che ha colpito al cuore non solo la zona Flegrea o la comunità scientifica ma la città tutta. Nell'arco di 12 ore brucia tutto il complesso sorto nell'ex area Italsider di Bagnoli. Il museo interattivo che era considerato tra i gioielli culturali di Napoli, era anche uno dei suoi più validi attrattori turistici, con una media di 350mila visitatori l’anno. Tra i suoi numerosi padiglioni che componevano lo Science Center sono andati in fiamme, per cause ancora ignote al momento, quattro capannoni del quale solo uno è stato risparmiato. I danni sono ingentissimi: sopravvivono solo i muri perimetrali, mentre l’interno dei padiglioni è devastato e mentre si fanno ipotesi sulle cause di quanto accaduto, vale la pena ricordare cosa è stata la Città della Scienza. Il plesso della Fondazione IDIS è stato uno dei rari esempi in cui la politica riuscì a dare un'eccellente prova di sé. Il progetto prese infatti le mosse dall'idea di Vittorio Silvestrini, scienziato bolzanino che ideò "Futuro Remoto" nel 1987. La kermesse, che coinvolgeva anche le scolaresche fin dalle scuole elementari, aveva come obiettivo, quello di rendere le scienze non solo affascinanti ma anche appetibili e comprensibili per tutti. Così, a partire dall'edizione inaugurale alla Mostra d'Oltremare, fino al 1992 "Futuro Remoto" trovò spazio all'Osservatorio astronomico di Capodimonte. La svolta avvenne tra il 1992 e il 1993, quando Silvestrini coinvolse nel progetto l'allora giovanissimo filosofo Vincenzo Lipardi. I due erano accomunati non solo dalla comune passione per le scienze, ma anche da una militanza politica, tra le file del Pci, che ne aveva evidentemente saldato il legame ideale. Una lunga incubazione durata quasi quattro anni portò, nel 1996, alla prima apertura al pubblico degli spazi museali che, negli anni successivi, sarebbero stati implementati. Tra il 2001 e il 2010 grazie anche a una corretta interlocuzione con le istituzioni locali e a contributi Ue, sono stati infatti completati spazi espositivi e padiglioni, che hanno portato l'iniziale progetto della fondazione IDIS sottostante l'intero progetto finanche a una prestigiosa gestione affidata a personaggi del calibro di Rita Levi Montalcini, Mario Raffa e Pietro Greco. Tutto ciò non basta a sintetizzare la gloriosa storia della Città della Scienza. Una storia che, probabilmente, è opportuno chiudere prendendo in prestito le parole di uno degli scienziati posti nel "board" della fondazione IDIS, Pietro Greco. In un volume del 2006 dedicato proprio a Città della Scienza, Greco usò come sottotitolo "storia di un sogno a Bagnoli". Non si poteva definire altrimenti un'istituzione sorta in contemporanea con il crollo della Bagnoli industriale e negli stessi anni in cui veniva devastato l'ambiente circostante. Un sogno ma anche una speranza per Bagnoli e per Napoli, che nella struttura incendiatasi la scorsa notte, vedevano andare in fumo uno dei pochi appigli per non essere costretti a cercare fortuna e lavoro altrove.
epressonline.net

domenica 3 marzo 2013

PRESENTAZIONE: LA BATTAGLIA DEL GRANO



Sabato 16 marzo 2013 alle ore 18.00, presso la Chiesa dell'Ascensione in San Potito Sannitico, il nostro Dirigente Scolastico, Prof. Nicolino Lombardi, presenterà il suo ultimo libro, “LA BATTAGLIA DEL GRANO – Gli uomini e le macchine del Sannio”, un'interessante iniziativa di valorizzazione della cultura del nostro territorio. 
L’invito a partecipare è esteso a tutti gli interessati.

venerdì 1 marzo 2013

I GIOVANI E LA RETE



Internet viene spesso ritenuto responsabile di due problemi giovanili: il cattivo andamento scolastico e la superficialità nei rapporti. Per risolvere questi due problemi le modalità di intervento diffuse tra i genitori sono essenzialmente due. Da una parte la strategia dei divieti: vieto Internet, vieto il computer, vieto la Playstation, vieto la televisione, fino a quando non arrivano risultati scolastici positivi. Dall’altra la strategia dei controlli: guardo quello che mio figlio fa su Internet e se vedo che attua comportamenti a rischio o illegali intervengo. Ovviamente esiste un terzo atteggiamento, e forse è anche il più diffuso, cioè: ignoro qualsiasi cosa fino a quando non sono costretto a portarvi attenzione.
I social network si configurano, quindi, come delle piazze virtuali che espandono la nostra possibilità di comunicare, l’uso dei social network ha visto una crescita esponenziale negli ultimi anni e coinvolge un numero sempre maggiore di popolazione. Il numero dei social network disponibili nella Rete è in continua ascesa: ce ne sono di tutti i tipi e possono essere generalisti o centrati su un particolare argomento. Uno tra i social network più conosciuti è FACEBOOK, lo scopo iniziale di Facebook era di far mantenere i contatti tra studenti di università e licei di tutto il mondo, ma col tempo si è ampliato e oggi è diventato una rete sociale che abbraccia trasversalmente tutti gli utenti di Internet.  TWITTER, invece, è un servizio che consente di restare in contatto con altre persone attraverso lo scambio di veloci e frequenti domande e risposte. Purtroppo giovani e genitori non hanno sufficiente consapevolezza dei pericoli che si incontrano su Internet, anzi, entrambi sono troppo sicuri delle proprie conoscenze per evitare davvero le insidie della Rete. La maggior parte dei teenager oggi ha almeno una propria pagina su almeno un social network e ritiene che sia sicuro postare e condividere informazioni personali attraverso i social, al punto da inserire online anche dati e riferimenti particolarmente sensibili: ad esempio il proprio indirizzo di casa, il nome della propria scuola, ci si scambia foto e video o addirittura l’indirizzo di posta elettronica o di instant messaging.
I social network sono strumenti che danno l’impressione di uno spazio personale, o di piccola comunità, si tratta però di un falso senso di intimità che può spingere gli utenti a esporre troppo la propria vita privata, a rivelare informazioni strettamente personali, provocando “effetti collaterali”, anche a distanza di anni, che non devono essere sottovalutati. Infatti, bisogna essere consapevoli del fatto che quando si inseriscono dati personali in un social network se ne perde il controllo, i dati possono essere utilizzati, rielaborati, diffusi anche a distanza di anni. Una volta caricata una fotografia, un video, un file audio, è possibile per chiunque copiarla sul proprio computer e poi, a propria volta, diffonderla. Per questo, anche se si cancella la propria copia del file, è possibile che ne esistano altre copie. Inoltre le informazioni personali troppo precise rese visibili nel profilo dell’utente possono essere utilizzate da eventuali malintenzionati per localizzare potenziali vittime inconsapevoli. Un altro pericolo diffuso all’interno delle reti di relazioni online sono i falsi profili, cioè persone che si spacciano per altre. Per questo è importante avere sempre la certezza di sapere con chi ci si sta relazionando e di non dare mai troppe informazioni personali. Infine vi voglio invitare a pensare bene alle cose che facciamo in rete e ad imparare ad usare di più la testa, perchè anche se oggi non ci rendiamo conto di commettere qualche errore, magari un domani potremmo pentircene amaramente.

Ilaria Piserà III D

TREBULA






Nel IX secolo a.C., sorse il primo nucleo abitato di Trebula ad opera degli Osci; intorno al VI secolo a.C., la occuparono i Sanniti fino a quando, dopo la sconfitta di Pirro, molti centri furono costretti ad allearsi con Roma. Trebula diventò così “civitas foederata”. Il nome Trebula era abbastanza diffuso nell’area italica; pertanto, esso è accompagnato dall’attributo Balliensis o Balliniensis per distinguere la città da altre omonime, ubicate in Sabina e nei pressi di Tivoli. L’area archeologica oggi ricade nel paesino di Treglia, una frazione del comune di Pontelatone, ubicato nei Monti Trebulani. Buona parte del suo territorio è montuoso e accidentato, con poche aree pianeggianti; l’abitato moderno è attraversato dal torrente Rio Maltempo. L’abitato antico si articolava in due nuclei principali: l’acropoli sul colle Monticelli ed il sottostante abitato sannitico-romano sul pianoro denominato La Corte, delimitati entrambi dall’imponente cinta muraria sannitica, all’interno della quale si è poi sviluppata la città romana a partire dal II sec. a.C. Nell’area sud-occidentale vi sono i resti del teatro, nei cui pressi sono state rinvenute statue ed iscrizioni pubbliche, in parte conservate al Museo Campano di Capua. Nel 1976, uno scavo di emergenza ha portato in luce le terme pubbliche, probabilmente da identificare con le “terme costantiniane” menzionate da un’iscrizione. Nel 2006 è iniziato uno scavo archeologico finalizzato al recupero dell’intera cinta delle mura e del teatro, che verosimilmente si trova lungo il decumano che si diparte dalla porta est, recentemente portata alla luce dagli scavi stessi.

Maddalena Parillo e Maria Florio I D

CAIAZZO


Caiazzo sorge in una posizione che domina la media valle del Volturno. Sito antico, abitata fin dal neolitico, Caiatia fu fondata dagli Opici-Ausoni; ebbe una fase di influenza etrusca e fu conquistata dai Sanniti nel 431 a.C. Tra il 312 e il 306 a.C., durante la seconda guerra sannitica, fu sotto il potere di Roma.
Gli eventi dell’ultimo conflitto mondiale segnarono profondamente la città, che dovette subire bombardamenti, incendi e vittime.
A Caiazzo ci sono molti monumenti e chiese; ricordiamo la Chiesa dell’Immacolata Concezione, rifazione della chiesa dedicata a S. Nicola de Figulis e donata nel 1618 al Monastero delle Clarisse. Questo maestoso complesso, realizzato tra il 1614 e il 1640 per volere di don Giulio Cesare d’Ettorre, ospitò gli Esposti e le Orfanelle. Il Castello, residenza di gastaldi e conti Longobardi, ospitò in seguito Normanni e Svevi e, nel 1229, lo stesso Federico II con Pier delle Vigne.

Alessia De Matteo, I D