domenica 10 febbraio 2013

LIBERI: LA GROTTA DI SAN MICHELE




Nella parte settentrionale del comune di Liberi, in località Profeti, sulla parete nord del Monte S. Angelo (anticamente Monte Melanico), si affaccia, con due sbocchi, una grande caverna. La grotta è a circa 800 metri di altitudine; chi vi arriva, si trova di fronte a un masso calcareo, alto più di 500 metri. Dinanzi, c’è un piazzale romboidale di nuda rocca, largo circa 300 mq, con al centro un pozzo d’acqua sorgiva profondo due metri, con un diametro di circa 1,30 m.
Oggi nella grotta ci sono tre altari; ciò significa che vi era necessità di più mense per celebrare la messa contemporaneamente a causa del numeroso concorso di clero e fedeli. All’interno, lungo la parete, un ricamo di stalattiti operato dal millenario velario d’acqua; sulla parete destra, un busto calcareo di donna al cui cospetto sorge il primo altare di sasso, di patronato dei Profeti, frazione di Villa Liberi, già Villa Sclavia; esso ha subìto un rifacimento moderno ed è sormontato da un bassorilievo dell’Arcangelo, che con la sinistra libra la bilancia e con la destra protesa impugna la spada contro un nemico invisibile, da figura della Madonna col Bimbo in braccio e teste di angeli. Segue, nel punto più interno della grotta, l’altare maggiore, in forma basilicale, cioè rivolto al pubblico, privilegio raro che sottolinea l’importanza del santuario e probabilmente spiega la definizione della grotta come basilica nella cronaca medievale. Alle spalle di questo altare vi è una rozza costruzione a pianta rettangolare coperta da una volta a tutto sesto. Più avanti è il terzo altare, detto di Roccaromana, addossato alla roccia e quasi completamente distrutto.
Sugli altari e nella grotta non vi solo tracce di pitture, forse per la maggiore vetustà di questo tempio rispetto ad altri notevolmente affrescati o, più probabilmente, per la costante calcinazione delle pareti indotta dalle acque di stillicidio che potrebbe aver coperto graffiti o piccole impronte sulle stesse. 
La grotta ha una diramazione verso nord-est lunga quasi 60 metri, che si restringe in un cunicolo; avanzando carponi, si giunge ad un laghetto sotterraneo.
Quel penetrale litico immette in una voragine denominata sciusciaturo per le folate gelide di vento che salgono dal ventre della montagna; da quel cunicolo si usciva sul crinale sovrastante; oggi è quasi otturato da macigni caduti dalle lamie litiche. Indietreggiando, si giunge ad una saletta dove un macigno staccatosi dall’alto crea un tavolo attorniato da quattro sedie in stalattiti. Attraverso un foro, si scende nelle viscere della montagna; a circa cento metri di profondità si hanno tre ramificazioni: la prima si dirige ad occidente, la seconda propende verso la grotta di San Michele, la terza cala a strapiombo nelle viscere della montagna. Dopo il secondo altare, una stalagmite sbarra il passo nella grotta; a sinistra, si apre un secondo vano che ha per tetto una cupola, dove migliaia di stalattiti pendule assumono forma sempre diversa: carciofo, alga, cocomero, fungo, pigna, ciuffi di erica, leone, giaciglio, baldacchino.
Vi sorge l’altare centrale appartenente alla cattedrale di Capua e, subito dopo, un terzo altare di sasso designa il posto ove celebravano i sacerdoti di Calvi-Teano.
La grotta è dedicata a San Michele Arcangelo; attualmente, l’8 maggio ed il 29 settembre, una solenne processione parte da Profeti e giunge alla grotta, portandovi l’immagine del santo.

Il culto
Il culto dell’Arcangelo si sovrappone a quello antico, secondo il quale nella grotta viveva un mostro al quale bisognava ogni anno sacrificare una giovane abbandonata nella valle di Melito. Un anno la sorte toccò la figlia del Signore del luogo che, per salvare il suo popolo ed il feudo, non si oppose. La fanciulla venne lasciata nella vallata per essere divorata dal drago. In quei luoghi capitò San Michele che, vedendola piangente e tremante, le chiese il motivo del suo dolore. Avutane spiegazione, si fermò presso la fonte di acqua purissima e fresca che sgorga in quei luoghi e attese l’arrivo della bestia. San Michele non scappò ma combatté il drago per salvare la fanciulla; la lotta fu cruenta, ma alla fine l’Arcangelo ebbe partita vinta. Il padre della fanciulla lo invitò a fermarsi ed a chiedergli qualunque cosa, ma il giovane ringraziò e partì in giro per il mondo. Da allora la grotta fu dedicata all’Arcangelo San Michele.

Credenze popolari
Una stalattite, a forma di mammella, distilla dal capezzolo un’acqua ritenuta miracolosa: i fedeli la raccolgono in una sottostante vaschetta di pietra e la usano per detergere il viso e gli occhi. 
Un’altra fonte di acqua miracolosa è nei pressi dell’ingresso principale, dove è stato scavato nella roccia un piccolo pozzo largo e profondo circa un paio di metri, che raccoglie acqua ritenuta santa e miracolosa, da attingere solo con lo scuorzo, un attingitoio formato da corteccia d’albero, ripiegata a fare un contenitore.
Inoltre, è usanza delle pellegrine strofinarsi contro la roccia per propiziare la gravidanza; la nostra grotta, inoltre, tutela la legittimità della filiazione, poiché si restringe ad intrappolare i figli illegittimi e le donne infedeli o impudiche. 

Alessandro Scheiber, III D
Antonio Civitella, V D

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